"NULLA È MENO SCIENTIFICO DI NEGARE CIÒ CHE NON SI SPIEGA...." Jean Valnet

martedì 31 marzo 2020

LA CENTRATURA DI SE' AL TEMPO DEI SOCIAL NETWORK E DELLA PANDEMIA






In questi giorni di “reclusione” da pandemia la presenza di tutti noi sui social si è acuita. Ed è pure cresciuta enormemente l’offerta di quello che si può “vendere” via Internet: dai deprecabili acquisti on line (che impinguano i colossi del settore) ai tutti i servizi alla persona e all’offerta di “relazioni di aiuto” in tutte le loro possibili declinazioni.

Non faccio questo post per analizzare se questi comportamenti rappresentino benefiche declinazioni del sostegno e della rete di connessione che oggi la tecnologia ci offre, in assenza della possibilità di contatto corporeo o, se invece, questi comportamenti sono l’espressione di ego narcisistico o, magari (come dicono alcuni), di “sciacallaggio commerciale” o della promozione della visibilità dei propri servizi.
No non farò questo!

Quello su cui vorrei richiamare il tuo focus invece è che il proliferare di queste offerte lavora contro la tua centratura.

Il rischio aggirandosi nel supermercato del benessere on line è, secondo me, quello di essere presi da una bulimia di ricerche di pratiche, meditazioni, esercizi ecc ecc.

Questa bulimia, alimenta la frequenza del flusso e della “forma” dei nostri pensieri, può incrementare il nostro rimuginio mentale, allontanandoci dal nostro “centro” che poi è il corpo e il respiro.

Senza accorgercene stiamo riproponendo nell’immobilità casalinga la medesima frenesia che sperimentavamo nella vita “la fuori” prima dell’inizio di questa epidemia. (con l’aggravante, aggiungo, di minor azione e movimento).

L’invito allora che ti faccio è di trovare una pratica, un’esperienza che  ti risuona e seguire quella… solo quella e parafrasando a modo mio una vecchia canzone : “….. vedere da vicino l’effetto che fa”.

Proviamo a STARE. Proviamo, come si dice in molte filosofie orientali, a fare il “vuoto” dentro noi (che poi io lo intendo nel difficilissimo arrendersi al corpo; a quello che vi accade ORA, senza giudizio e senza intenzione) perché - se è vero noi siamo frequenza – nel vuoto magari sentiremo suonare con maggior chiarezza l’unicità della nostra nota!

Sarà un vuoto… “a vincere”!

martedì 2 agosto 2016

Ripartire dal corpo.


Tempo di estate, di vacanze…maggiori occasioni per dedicare del tempo a noi stessi, ai nostri hobby – magari all’aria aperta: in mare; in montagna…. a contatto con la natura – maggiori possibilità di ricontattarci e di ristabilire un ordine di priorità esistenziali che, troppo spesso, la quotidianità convulsa del nostro andare nel mondo scombina, in modo caotico e destabilizzante.
In tutto ciò, in questa ricerca di centratura, gran parte di noi riparte dalla lettura (di libri che magari non è riuscito a leggere durante i mesi lavorativi) e dalle riflessioni e speculazioni che la lettura inevitabilmente induce.
C’è qualcosa di sbagliato? Assolutamente no… siamo animali pensanti; il nostro pensiero non è solo al servizio dell’azione ma è anche deputato alla “cognitivizzazione simbolica” frutto dell’evoluzione della nostra specie.
Tutto ciò però può celare un insidia: In questo modo, infatti, diamo in pasto alla mente pensante altro materiale su cui fare elucubrazioni, che magari facciano sistema con il nostro insieme di valori, di rappresentazioni e di costrutti. In una parola, facciano sistema con il nostro personale prodotto delle funzioni dell’Io.
E dove sta in tutto ciò il nostro respiro? La consapevolezza del nostro battito cardiaco? E di quali parti del nostro corpo stanno poggiandosi dove, in questo momento??
Allora… ripartiamo dal corpo!!
Il corpo non mente: ci dice dove siamo in questo preciso momento che è il presente - l’unico tempo di istantanea realtà. Il corpo ci dice come ci sentiamo in questo momento, senza bisogno di ricorrere ad una simbolizzazione dell’esperienza che risulti coerente con la nostra idea di noi. Arrediamoci al corpo, lasciamolo parlare la sua lingua senza tentare di interpolare, senza cedere alla lusinga di voler capire, inferire e interpretare.
Non c’è niente da raggiungere; nessun eden perduto da recuperare. Dietro alla sacrosanta istanza di recupero spesso si cela una smania, un grimaldello mentale che non ci consente di mollare…Possiamo semplicemente essere!
Restiamo in ascolta dell’unico sistema percettivo – meraviglioso, unico e complesso - che abbiamo: il corpo.
E, allora, ovunque tu sia, comunque tu stia…buona perlustrazione di questo fantastico (spesso inesplorato) territorio.
Buona estate a tutti.
Lucio.


venerdì 1 gennaio 2016

Cari OLISTI,
Ecco qui a salutare un nuovo anno!
Auguro a tutti che il 2016 ci porti:
- LA CURIOSITÀ' per scoprire parti di noi e del mondo ancora ignote alla nostra consapevolezza!
- L'ENTUSIASMO per tutto ciò che riempie ogni nostra giornata;
- LO STUPORE per poter restare sbalorditi e affascinati come bambini di fronte alla meraviglia che è in noi e attorno a noi;
- LA CAPACITA' di poter stare con "ciò che è"!

Felice 2016 con la speranza nel cuore....
CHE LA VITA VI SIA LIEVE!
Un grande abbraccio il vostro "HUSH" :-)


martedì 1 gennaio 2013

La "Capacità di stupirsi" - buon 2013!


Buongiorno Olisti e ben svegliati in questo primo giorno del nuovo anno.
E’ un po’ che non pubblico post e il passaggio di anno mi  offre l’occasione per fare il punto di questa esperienza da blogger.
E’ un’esperienza che mi ha regalato tanto e che, soprattutto, mi ha fatto avvicinare e comprendere il mio bisogno di comunicare;  di esprimere pensieri e parti di me che sentivo più “costrette” e inespresse. Volevo condividere e cercare ascoltatori con cui confrontarmi.
All’opportunità di questa “acquisizione”, offertami dall’esperienza del blog, va la mia riconoscenza.
Nel tempo trascorso però mi sono anche reso conto che gli spazi virtuali sono privi di un “ricevente” della comunicazione chiaramente identificato: non c’è un pubblico visibile; non c’è un interlocutore di cui riesco a cogliere i segnali di ascolto o di distrazione.
E’ un po’ come parlare alla piazza vuota.
Da tale consapevolezza deriva  la mia latitanza degli ultimi tempi. 

La ricerca, l’ascolto di Sé attraverso le manifestazioni e le sensazioni corporee, si sono dirottate su lidi e territori di condivisione più diretta e immediata.
Allora, approdato sulle sponde di questa nuova consapevolezza, affido come naufrago questo messaggio augurale di inizio d’anno (nella bottiglia) ai flutti (altrettanto virtuali) della Rete, sperando che da qualche parte qualcun altro, arroccato sullo scoglio di quella che sente essere la propria consapevolezza, possa coglierne gli echi.

Buon anno a tutti!!

Che il 2013 ti restituisca la capacità di stupirti, la curiosità e la possibilità di entusiasmarti!

Stupirsi vuol dire vedere riflessa nei passi saltellanti di un passero, intorno ai resti di colazione di un bar del centro, la completa espressione dell’esistenza;
Stupirsi vuol dire restare a guardare la luna in una notte di plenilunio; notare il suo moto (apparente) nel corso della notte, e sentire che tu sei parte imprescindibile di quel movimento universale;
Stupirsi è sottrarsi al turbinio dei pensieri lasciando essere il tuo respiro.

Buon stupore a tutti.
Perché è questo stupore che a poco a poco ci restituisce una dimensione sacra di senso della vita.
Tutti gli eventi (oggettivi) che ci accadono ricevono una lettura di senso dalla nostra identità.
Questa lettura noi chiamiamo destino; il senso della nostra vita.
Siamo noi a darglielo!
Mi piace pensare che abbiamo nei confronti della nostra esistenza una responsabilità illimitata senza padronanza.
Siamo noi "responsabili" di come ci percepiamo, eppure non siamo padroni ne della determinazione del corso degli eventi ne della chiave di lettura, che ci è fornita come unica e non sostituibile dal nostro vissuto.
La consapevolezza di ciò alleggerisce la pesantezza del nostro viaggio.
La risposta a tale consapevolezza dell’intelletto non è: come ottengo allora la padronanza? Ma è, invece, come riesco a stare a galla sul flusso della corrente.
Che la vita vi sia lieve.
Buon 2013.

lunedì 8 ottobre 2012

YOGA DELLA RISATA: Risate "vere" o Risate "finte"? Una diversa chiave di lettura


Lo yoga della risata è un metodo unico per ridere……. senza.motivo. Come?  Combinando esercizi di respirazione mutuati dall’antica sapienza Yogica con esercizi di risate auto stimolate. Fatte, cioè, senza bisogno di barzellette o comicità ma prodotte a partire dal corpo per sollecitazione meccanica del diaframma.

La filosofia del metodo si fonda sul presupposto scientifico che il corpo umano non distingue tra una risata spontanea e una simulata. In entrambi i casi, infatti, si mettono in atto i medesimi meccanismi neurologici e bio-chimici.

A suffragare il predetto presupposto scientifico esiste una consistente letteratura di matrice statunitense[1].
E del resto tracce empiriche che ricollegano effetti sistemici complessi e complessivi alla rievocazione di “memorie corporee” caratterizzano anche altre tecniche corporee (dal rilassamento progressivo di Jacobson, all’analisi  bio-energetica).

L’argomento che vorrei affrontare nel post è tuttavia diverso ed è:
una risata stimolata nel corpo, autoindotta o, per cosi dire, “meccanica” è una risata finta?

La risposta è no!

Tale risposta poggia sullo smascheramento di un equivoco culturale che è quello di ritenere spontanea soltanto la risata procurata con umorismo.

In realtà studi sulla nostra storia evolutiva hanno dimostrato che la risata umana è “nata” prima dell’umorismo:

- essa infatti è la risposta fisica a una generalizzata sensazione di appagamento e gratificazione[2]; è l’espressione della Gioia e il mezzo per esprimere soddisfazione amichevole (“ti mostro i denti in modo inoffensivo e disarmato”); l’umorismo viene dopo, come leva per suscitare negli altri la risata al fine di smorzare ostilità e affrontare situazioni problematiche.
- La risata è linguaggio universale che travalica i sistemi culturali di comunicazione evitando le distorsioni di significato tipiche della comunicazione verbale e presenta nei diversi popoli le stesse caratteristiche gestuali e sonore.
- L’umorismo, invece, impegna risorse intellettive e cognitive e come tale risente dei diversi contesti culturali di riferimento.

A tale differenziazione corrispondono due diversi (seppur interdipendenti sotto il profilo morfologico e funzionale ) percorso neuronali:
1) il senso dell’umorismo viene “decodificato” e compreso nell’area corticale prefrontale;
2) la risata primitiva (o senza motivo) impegna invece aree subcorticali, tipicamente: il sistema limbico e, in particolare, all’interno di questo il nucleo accumbens.
E’ questo tipo di attività neuronale che, per interazione ipotalamica, dialoga con i meccanismi cerebrali che presiedono alla produzione di quelli ormoni del benessere derivante dalla risata.
Da ciò si comprende come una risata fatta senza motivo non è “finta” rispetto a una risata procurata da una barzelletta.
Anzi per produrre gli effetti endocrinologici che la scienza ascrive alla risata[3], una risata “da barzelletta” dovrebbe avere una durata prolungata ed essere associata a un’emozione, altrimenti implicherebbe soltanto una “soddisfazione dell’intelletto”.

Nella risata senza motivo che si fa in un club della risata; a) la durata prolungata è assicurata dall’esercizio; b) l’emozione che funge da driver dell’attivazione è (o dovrebbe essere) la sperimentazione del senso di libertà che deriva dal comportarsi come “giocosi mattacchioni”, dall’abbandonarsi ai movimenti del corpo e dal conseguente allentamento delle tensioni.

E’ in questa inversione di rotta che risiede la potenza dello Yoga della Risata:
si parte dall’attivazione del meccanismo “sub-corticale”, collegato con i circuiti del piacere e della gratificazione e - attraverso le afferenze delle strutture sottocorticali e mesencefaliche  - si arriva alla corteccia prefrontale mediale[4], che “cognitivizza” l’esperienza vissuta facendoci riconoscere più liberi e sereni e ponendo le basi per una nuova valutazione dell’autostima e per una diversa risposta comportamentale alle esperienze/sollecitazioni  della vita reale.






[1] Si fa riferimento in particolare alla letteratura medica sulla gelotologia  che prende avvio negli anni ’60 con lo psichiatra William Fry e prosegue con le ricerche di  Lee Berk  nel campo della PNI (Psiconeuroimmunologia).
[2] Ciò è riscontrabile anche rispetto alla storia individuale umana (che nel suo svolgersi ripercorre in qualche misura la storia evolutiva della specie): ogni neonato ride a sollecitazioni fisiche e/o in risposta ad una situazione di gratificazione.
[3] Mi riferisco in particolare alla produzione del neutrotrasmettitore dopamina.
[4] Le corteccia prefrontale mediale riceve le afferenze delle strutture sottocorticale e mesencefaliche nel circuito orbito frontale mediale.

lunedì 20 agosto 2012

Siamo Luce che attraversa le realtà fenomeniche.


Cari Olisti e un po’ che non ci si sente.
Accerchiati dalla canicola provocata dai vari Caronte, Caligola, Lucifero (e chi più ne ha più ne metta) il cervello va in stand-by… e con esso si abbassa la nostra attenzione e il nostro livello di reattività.
Proprio in questi momenti, però, è probabile che un qualche satori si affacci alla mente e affiori svicolando dalle maglie del pensiero razionale.
Il mio satori - che ha preso corpo tra i contorni fluidi che il salire del calore dalla sabbia conferire alle cose - è stato proprio:
“ ..Siamo luce che attraversa le realtà fenomeniche.”
Che vuol dire?
E quali le ricadute di tale considerazioni sulla nostra esistenza quotidiana?
Che siamo luce è ormai una verità scientifica (sebbene declamata in modo forse semplicistico e dal vago sapore filosofico) che dimostra la natura ambivalente della materia in termini di particelle e di onde elettromagnetiche.
Quando questa “luce” finisce il ciclo vitale della forma in cui si era organizzata torna al Tutto che compone l’Universo, in una visione laica della reincarnazione di derivazione orientale o della vita eterna di matrice cristiana. (Ricordate infatti che è valido il principio – riconosciuto dalla nostra conoscenza codificata – che “ Nulla si crea e nulla si distrugge” ed è altrettanto vero che mondo vegetale, animale e minerale sono costituiti, in proporzioni e modelli di aggregazione distinti, dai medesimi elementi chimici).

Ebbene, nella forma in cui è organizzata (la vita) questa luce attraversa le realtà fenomeniche.

Tutto è “realtà fenomenica”: intendendo con tale espressione tutto ciò che accade e che è percepibile dall’uomo attraverso i sensi.
In tale accezione è “realtà fenomenica”…: la relazione con il partner; la fila al casello del rientro di fine agosto; l’incidente in autostrada (fino ad un secondo prima, inatteso e imprevedibile); la promozione sul lavoro; la costruzione della casa dei nostri sogni; la distruzione della stessa casa dei nostri sogni da parte di un cataclisma!

Come ci aiuta la consapevolezza di essere luce che vivendo “attraversa” tutto ciò?

Certo questa consapevolezza non nega la natura umana, non scongiura i sentimenti e le emozioni di gioia o dolore connesse all’attraversamento.. ma ci offre una prospettiva diversa e un contenuto di significato totalmente altro rispetto a quello di pensare che la vita sia tutta in ciò che ci accade.

La consapevolezza di essere luce che attraversa la realtà fenomenica ci libera dall’attaccamento ai beni materiali e dall’attaccamento ai beni spirituali (quanti di noi sono attaccati strenuamente a ideali di libertà individuale, di crescita e di cambiamento!?!); relativizza il nostro vissuto, le scelte e il “peso” dei nostri sentimenti; ci restituisce la capacità di stare con il Tutto e di sentirci espressione dell’infinito che si declina in ogni cosa!
In una parola: ci rende liberi e leggeri!
Che la vita vi sia lieve!

Un abbraccio
Lucio

lunedì 23 aprile 2012

"OH, OH,.....AH AH AH"


Cari Olisti, buongiorno a tutti,
oggi vengo a voi con un post un po’ personale: ho infatti finalmente concluso il mio training per divenire conduttore di sessioni di Yoga della Risata. Ora sono Leader certificato (oh, oh, ah, ah,ah).

Innanzitutto vi dico, brevemente, di cosa si tratta e, poi, aggiungo perché ne scrivo oggi qui.

Si tratta di una tecnica di risate incondizionate (senza motivo) ideata nel 1995 da un medico allopatico indiano, il Dr. Madan Kataria. Essa combina tecniche base di respirazioni yogiche con “figure” di risate procurate senza motivo. Ciò sulla base del presupposto che il corpo non distingue tra una risata simulata e una vera (nel senso di risata procurata da una situazione comica); è stato infatti scientificamente dimostrato che la biochimica del nostro corpo si attiva nella medesima misura.
Tornerò su questi temi in successivi post poiché reputo l’argomento molto interessante e meritevole di sviluppi da varie prospettive.

Vengo invece al punto perché ne scrivo oggi:….. per dire Grazie.

Tanto per cominciare per rendere onore all’Universo e all’incontro con persone, i miei nuovi amici di risate (i componenti del gruppo di training), colmi di Amore e di Grazia.
Ognuno di loro senza parole, senza le costrizioni e gli adattamenti verbali per poterle comunicare, ha condiviso con gli altri le proprie emozioni.
Dietro ognuno dei loro sguardi ho potuto scorgere le gioie, le paure, gli entusiasmi e le aspettative del  bambino interiore che ognuno di noi andava piano piano ricontattando; dietro gli occhi di ognuno ho intuito le offese e i dolori che la vita nel suo scorrere sedimenta dentro di noi.

E allora un grazie grande agli occhi di Santa e di Annamaria, agli occhi di Tiziana e a quelli di Anna, di Maria, di Alessandra e ancora  a quelli di tutti gli altri che non menziono, veramente, solo per brevità.
Durante la Break connect ho ripreso per mano il piccolo Lucio che avevo portato lì a ridere e, vi confesso, che risentirlo in quel modo profondo mi ha fatto piangere durante la meditazione.

E poi un secondo Grazie speciale alla nostra Formatrice Laura Toffolo – Presidente dell’Associazione Nazionale dello Yoga della Risata -  anima dolce, forte e fragile a un tempo, donna di enormi competenze e di forti sentimenti.

Ieri Laura ci chiedeva, a conclusione del corso, di esprimere la cosa più significativa che ci aveva lasciato l’esperienza formativa.
Per ognuno di noi avrà risuonato più qualcosa rispetto a qualcos’altro, a seconda delle attitudini, dei vissuti e del background di provenienza.
Ieri eravamo tutti troppo stanchi e felici per verbalizzarlo
Io l’ho messo a fuoco questa notte e voglio esplicitarlo come tributo speciale a questa tecnica e a  chiarimento per i  “Riso-scettici”.
Per me la cosa più potente e straordinaria della tecnica (è infatti uno dei suoi “perché”) è l’assenza di bisogno di uno stimolo esteriore per ridere.
Una risata “meccanica”, infatti, ha una potenza dirompente che non va sottovalutata. Essa non necessita di felicità, di senso dell’umorismo, di eventi favorevoli nella nostra vita e, proprio per questo, (lo ho esperito sulla mia pelle) per poter essere fatta non necessita della legittimazione e dell’assenso della mente pensante (quella che  ci chiederebbe: “..ma che motivo avrei per ridere”). E,  allora, … ne boicotta i controlli, ne agira indisturbata il “check point” e irrompe nel corpo lavorando in modo potente ed immediato come tecnica corporea.
Mi piace dire (potete usarlo, ma ne rivendico il copyright :-)..ahahhaha ) che nella sua apparente “banalità” è “la piccola punta di diamante” che manda in frantumi lo spesso vetro che talvolta si frappone tra noi e gli altri; è la “sottile lastra” che apre la pesante porta della stanza dentro cui avevamo imprigionato la nostra essenza più autentica e ci svela – novelli Alice – un mondo di incredibili connessioni, di colori, luci e suoni.

Lucio